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il progetto :: “un metro quadrato di terreno”.

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note a margine - critica all'idealismo

come sempre in italia ci deve confrontare con la storia, la filosofia, la cultura, comportamenti, usi e costumi che da queste prime tre dipendono.
una tradizione che, a partire dalla religione prima e da un pensiero intriso di neoplatonismo poi, ha contribuito all'affermazione di un pensiero diffuso essenzialmente idealista, con i pro e contro che questo comporta.
certo il pensiero idealista è molto più diffuso di quanto non si pensi ovunque nella cultura occidentale (vedi platone) e non solo in italia ma da noi, se escludiamo un ambito scientifico molto specialistico, è facile ritrovare una deriva idealistica in ogni luogo. persino in campo scientifico c'è chi nell'indagare i principi primi della fisica incappa nell'idealismo e persino in dio. ne deriva un approccio deduttivo, un passaggio da una generalizzazione a priori, assunta acriticamente come verità (o superiore termine di paragone), ad un particolare che attraverso i sillogismi più vari tende a filtrare la percezione della realtà. e lo fa da un lato attraverso il mondo delle idee, tutta una serie cioè di generalizzazioni di ordine superiore a cui far riferimento, modelli più o meno conformati e condizionanti; e dall'altra attraverso un confronto con un reale che nell'atto di doversi conformare al sublime mondo delle idee e delle sue supreme qualità apparirà sempre imperfetto e degno di poco conto. tutto il contrario dell'osservazione che partendo dal particolare tende sì ad una generalizzazione ma mai assoluta (metodo induttivo).

l'idea di albero infatti potrebbe essere inteso, nella migliore delle ipotesi, come una ponderata sintesi emergente da tutte le nostre conoscenze ed esperienze pregresse rispetto all'oggetto albero (processo induttivo) ma sovente è presentato invece come un adeguamento ad una "supposta" idea primigenia ante litteram alquanto discutibile quanto presunta come assoluta (vedi idea di bello/buono e quant'altro). accade così che questo si trasformi semplicemente in un'idea di albero a cui tendiamo conformarci acriticamente.

questo retroterra culturale appare immediatamente ai nostri occhi nella sua contraddittorietà quando ci si confronta direttamente con la realtà. ad esempio parlando di essere umano nella nostra cultura questo coincide quasi sempre con l'immagine di un maschio adulto a quel punto caricato di tutta una serie di caratteristiche quali ad esempio una maggiore prestanza fisica rispetto al sesso femminile etc... ma tutto ciò cade immediatamente quando la realtà ci pone di fronte a individui maschi, femmine, non-binary, neonati e neonate, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, persone in età più o meno matura, anziani ed anziane ecc. in questo caso, oltre ad una notevole varietà di individui, sarebbe persino possibile constatare come il neonato maschio, ma anche il ragazzino, la persona anziana o di salute precaria, non possegga maggiore prestanza fisica di una donna adulta mediamente in salute. ecco che una generalizzazione, che per di più accusa un condizionamento culturale (homo perfino in latino era neutro, non maschile), appare di molto relativizzata quando confrontata alle multiformi sfaccettature dell'esistenza concreta calata nel suo contesto reale e spazio-temporale.

l'approccio al mondo vegetale non è differente. di solito pensando ad una pianta la si immagina nella fase centrale del suo sviluppo, dotata di foglie, fiori, semi e quant'altro. in realtà a seconda della stagione i fiori, le foglie, i frutti possono esserci o non essere presenti per nulla. altrettanto vale per l'età della pianta in questione, ci sono piante che sviluppano il loro asse fiorale solo dal secondo anno di vita, piante che nella stagione fredda o nella prima fase della loro vita appaiono come germogli o anche solo radici e bulbi... insomma, tutta questa multiformità che si ritrova attraverso un approccio concreto e l'osservazione diretta del reale è qualcosa che balza immediatamente agli occhi e di cui non è possibile non tener conto nell'identificazione di una pianta.

una complessità dunque con cui ci si trova a doversi misurare e che considero molto interessante, nonché inevitabile, per una ulteriore riflessione sul nostro modo di pensare e in merito alla tendenza a conformare e uniformare la realtà.
naturalmente queste sono considerazioni che, pur toccando un tasto importante relativo al linguaggio, al pensiero, alle generalizzazioni che sempre utilizziamo, anche con risvolti utili, talvolta restano ad un livello piuttosto formale mentre tutta una serie di caratterizzazioni possono tradire un'apparenza di similarità contraddetta da ancor più profonde differenze di ordine strutturale, funzionale, organico la cui conoscenza può giocare un ruolo decisivo.

I PALETTI CHE DELIMITANO LE CATEGORIE DI PENSIERO E DEL REALE

se il dibattito tra significato e significante, nel suo relazionarsi tra ciò che vuol dire una parola (il suo significato) e il rapporto di denotazione con la cosa designata, in particolare nell'indicare le parole indipendentemente da ciò che significano, ha dimostrato che il problema non è così semplice da risolvere, tanto che alcuni linguisti pare vogliano lasciare a psicologi, filosofi lo studio di questa questione (cioè del linguaggio separato dal significato); è anche vero che questo avviene mentre in ambito linguistico una tendenza di radice idealistica tenderebbe a collegare inestricabilmente significato e significante considerandoli alla stregua di forma e contenuto(1). se comunque già a livello linguistico i problemi non sono risolti, questi si complicano ulteriormente quando si va ad analizzare come un termine acquisisce senso e un determinato significato in relazione con una realtà, un esistente, oltre che ricco di sfaccettature e stratificato anche in continua trasformazione.
dunque se l'esempio tipico di bue che in italiano è riferito all'animale bue non ha un corrispondente univoco nel termine inglese che distingue tra beef e ox (dove beef si riferisce alla sua carne utilizzata come vivanda mentre ox all'animale vivo), questo apre uno spaccato sul rapporto con una realtà vissuta e percepita differentemente a seconda di luoghi, ambiti e culture che implicano a loro volta anche la produzione di parole con differenti significati in grado di relazionarsi a più livelli con il reale. questi a loro volta segneranno dei confini anche mentali, implicheranno dei paletti a cui riferirsi in grado di condizionare i nostri pensieri.
la consapevolezza dei meccanismi attraverso i quali questo avviene potrebbe portarci ad ottenere risultati differenti anche in termine di conoscenza, a seconda cioè dei significati e parole utilizzate, a seconda se queste scalfiscano appena la superficie delle cose o si spingano più in profondità.
sembrano ragionamenti e concetti alquanto astratti ma nel confronto diretto con la realtà tutte queste problematiche vengano a galla.
ho sempre trovato propedeutica l'osservazione e l'esperienza diretta con la realtà anche per dar maggior concretezza a problemi che nella loro astrazione talvolta sembrano incomprensibili.
le categorie entro le quali tutto il mondo vegetale (e non solo) viene in qualche modo incasellato sono di certo utili. allo stesso tempo il rapporto con la realtà ci mette continuamente alla prova. se devo descrivere anche solo la forma di una foglia non troverò quasi mai la forma esatta di riferimento. quante volte una data foglia dovrò descriverla come oblungo-lanceolata, e il suo margine ondulato tendente al sinuato o lobato. sovente i confini, i paletti entro cui circoscriviamo la realtà sembrano diventare stretti.
per quanto mi riguarda basta saperlo. basta sapere che le categorie a cui relazioniamo la realtà se da un lato corrispondono ad una tradizione scientifica da cui abbiamo ereditato modelli mentali, osservazioni e strumenti in grado di elevare il nostro grado di comprensione e visione delle cose, dall'altro non sono assoluti, in certi contesti sono addirittura contestabili e superabili. è come quando, come persone, dovendo rispondere ad un questionario che dovrebbe identificarci, ci accorgiamo che tutte le categorie di pensiero entro le quali ci vorrebbero inseriti, in realtà corrispondono solo in parte a quel che siamo... e probabilmente non ci sarà mai questionario sufficiente per definire una volta per tutte una persona.
con il mondo vegetale, animale e anche fisico è un po' la stessa cosa. (solo che loro non possono difendersi... soprattutto dai nostri pregiudizi. vedi la storia della scienza... e non solo) la nostra epoca ha approfondito ulteriormente l'osservazione della realtà in tal senso. in fisica allo stato solido, liquido, aeriforme della materia si sono aggiunti stati intermedi estremamente interessanti con proprietà specifiche come nel caso dei superfluidi.
e stati ibridi disegnano ormai nuovi scenari ovunque.

tutto questo se da un lato risulta più complesso dall'altro corrisponde maggiormente alle nostre potenzialità cognitive. un'elasticità quella di passare attraverso la categorizzazione senza però elevarla a dogma che il nostro tempo richiede. elasticità del resto troppe volte repressa quando una superficiale semplificazione (piuttosto che una ponderata sintesi) tendenzialmente umilia il nostro spirito di osservazione e sensibilità. elasticità che invece ci corrisponde molto più in quanto esseri umani dotati di intelligenza.
talvolta percorsi diversi portano a risultati ugualmente utili. infatti per ricomporre un reale a 360 gradi servono più punti di vista e nessuno di questi da solo esaurirà mai ciò che stiamo osservando... tanto meno un'idea assoluta, aprioristica a cui tutto dovrebbe adeguarsi e sottostare.
altra cosa dall'intuizione, un'idea anche questa, ma sempre disposta ad una verifica.

note:
1) ad eccezione di Saussure che considera il significato e il significante (le parole in sé) distinti ma inseparabili come il recto e verso di un foglio

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